La Stampa/Torinosette

Dopo otto mesi di proiezioni in giro per l’Italia, la presentazione al Parlamento Europeo di Strasburgo e la partecipazione alla «Carovana per il lavoro sicuro» organizzata dall’Associazione Articolo 21, il documentario «Morire di lavoro», secondo il suo regista torinese Daniele Segre subisce «l’indifferenza colpevole della Rai, del suo presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione, di Raitre e di Rai Cinema, dell’Istituto Luce e del Festival di Venezia». E’ un atto di accusa quello che il regista lancia dalla sua newsletter, lamentando di essere penalizzato nell’attività della sua società nonostante abbia realizzato un film che è «un’esperienza importante, straordinaria, che ha travolto la mia vita facendomi vivere incontri molto intensi ed emozionanti». Morire di lavoro approfondisce, grazie a numerose testimonianze, i rischi del lavoro nel settore edile in Italia, dando voce agli operai e ai loro familiari e toccando anche i temi delle morti bianche, dell’orgoglio del lavoro, della mancanza di sicurezza, del lavoro nero e del capolarato. Il film sarà in concorso nella sezione documentari del Festival del Cinema Italiano di Annecy (30 settembre-7 ottobre) e nella sezione documentari italiani del Festival Cinemambiente di Torino (16-21 ottobre).