Tullio Masoni – CINEFORUM 511

Nei giorni in cui “Sic Fiat Italia” (*) appariva sugli schermi del Torino Film Festival, le cronache davano la notizia della morte volontaria di Lucio Magri. Storia e destino – talvolta, e per un paradosso forse solo apparente – si incrociano. Così il film di Segre nasce dall’ultima tappa di una sconfitta lungamente preparata e Lucio Magri, pur tornando con umiltà alla misura del personale, a quella sconfitta si è offerto come simbolo .. Ma a modo suo, cioè lasciando con “Il sarto di Ulm” (1) un’eredità di pensiero e un supremo atto di coerenza.

«5ic Fiat Italia», ha scritlo Luciana Castellina «è un colpo al cuore e/ o alla testa (non so quale dei due sia più importante): perché ci dice qualcosa che è molto più grave e grande del resoconto della trattativa iniziata con il referendum di Pomigliano e proseguita con quello di Torino. Ci dice che la classe operaia è stata cancellata, che più di cinquant’anni di sofferte conquiste sindacali sono state azzerate. Anzi di più, come avverte Pietro Ingrao in una breve e dolorosa intervista contenuta nella pellicola, un secolo di lotte del movimento operaio» (2).

Interpretando questi sentimenti Segre ha dato al suo film un avvio convulso: lo scontro ai cancelli di Mirafioli fra quelli che col “sì” accettano l’autaut di Marchionne, e i caparbi sostenitori del “no”; i primi “realisticamente” aggrappati a un oggi comunque vago, gli altri a un patrimonio di diritti da preservare per il futuro. Ultima spiaggia per entrambi, un dibattere fra “buone ragioni” deformate dall’asfissia sociale e dall’isolamento. Gli operai che Segre racconta, pur sostenuti dalla Fiom di Maurizio Landini e dal “portavoce sul campo” Giorgio Airaudo, sono infatti soli. Non c’è Torino, con loro, non ci sono le altre categorie di lavoratori, gli studenti… Tantomeno i politici delle istituzioni.

E Segre, per anni attivo sulle vicende del lavoro in crisi, opera con “Sic Fiat” una sorta di sintesi anche stilistica: colore per l’oggi, bianco e nero per i film che da “Partitura per volti e voci” si sono susseguiti, documentando da un lato l’impegno, dall’altro toccando le corde di una vera e propria elegia.

C’è rassegnazione nel richiamare le sconfitte delle quali si è fatto volta a volta testimone? Direi di no. C’è dolore partecipe, certo, ma anche tenace riaffermazione di valori insostituibili; c’è memoria, denuncia severa ma sempre legittimata da “esperimenti” di umiltà. Ossia dalla spregiudicatezza che consente di arrivare nel vivo del dramma e, ciò che più conta, di verificare lo stesso in una esplicita e addirittura rivendicata diversità di ruoli: l’autore-cineasta che come tale si assume ogni responsabilità, gli attori dal vero, cioè i testimoni che si mettono in causa secondo fiducia e, talvolta, contrasto.

Da ciò la conferma – e mi riferisco a tutto il lavoro di Segre – di un’arte intesa come servizio della realtà, o meglio dialettica che prende forma in corso d’opera, e di una vocazione sperimentale coltivata per le vie più diverse: il teatro da camera che “diventa” filmica, ad esempio, la finesse linguistica del cinema d’autore usata per i “documentari” o i ritratti.

Per tornare a “Sic Fiat”, il film dimostra la coerenza di tutta una fase di lavoro e trova proprio in un brano del recente passato le parole giuste oggi: «Si investe non per dare occupazione ma per remunerare l’azionista… Se l’azionista non guadagna qualcuno compra… e può essere anche un terzo… Produrre ricchezza, insomma, che deve essere reimpiegata in campo finanziario».

Tullio Masoni

(*) Regia, montaggio: Daniele Segre. Soggetto: Daniele Segre, Maria Teresa Soldani. Fotografia e suono; Emanuele Segre. Postproduzione, assistente di montaggio: Maria Teresa Soldani. Con: Maurizio Landini, Giorgio Airaudo, gli operai della Fiat di Mirafiori. Produzione: Daniele Segre per I Cammelli S.a.s. Distribuzione: I Cammelli S.a.s. Durata: 57′. Origine: Italia, 2011.

(1) “Il sarto di Ulm. Una possibile storia del PCI”, Il Saggiatore, Milano 2009

(2) “La dismissione della democrazia nella solitudine degli operai”, «il manifesto», 2.12.2011, pagg. 2 e 3.

(3) Colgo l’occasione per informar che a Luciana Castellina Segre ha dedicato un ritratto in uscita fra poco.