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Siete mai andati al cinema all'aperto sotto un bellissimo cielo stellato?
Può darsi.
In mezzo ad un bosco lontano chilometri dall'ultima casa abitata e dall'ultimo tratto di strada asfaltata, passando dal caldo torrido della Riviera alla frescura di una notte nelle alture?
Noi della redazione di CINEMA A BOMBA! sì.
La proiezione di Sic Fiat Italia organizzata dai giovani del circolo ANPI di Savona nella serata di venerdì scorso alla colonia delle Tagliate sulle alture vadesi ce ne ha dato l'occasione.

La visione dell'opera di Daniele Segre in un tale contesto ambientale è stata decisamente suggestiva, ma ciò che ha impreziosito la serata è stato l'incontro, moderato da Giovanna Barreca dell'associazione Kinoglaz, tra il regista alessandrino e un folto pubblico, composto per la maggior parte da ragazzi (tra i quali i bravissimi organizzatori).
Incontro molto partecipato, tanto è vero che è durato più della durata complessiva del film, e denso di contenuti e spunti di riflessione.

Nei numerosi interventi si è infatti discusso delle impressioni e delle emozioni che l'opera ha suscitato, alimentando discussioni sulla criticità della situazione lavorativa in Italia, sull'inadeguatezza della nostra classe politica e dei rappresentanti sindacali, sull'ignobile scelta tra occupazione e salute (si vedano i casi dell'Ilva di Taranto e della centrale a carbone di Vado Ligure).

E suscitare reazioni, smuovere le coscienze, stimolare le persone è proprio il compito che si è assegnato Segre: un regista, secondo lui, deve animare, agitare, non consolare né placare gli animi.

L'approccio espressivo e narrativo impiegato in Sic Fiat Italia (e nei lavori precedenti relativi alle tematiche lavorative) è quello di fare da tramite tra i protagonisti della vicenda e il pubblico: il regista non deve prevalere sulla storia, bensì farsi testimone; di conseguenza, deve avere una notevole capacità di ascolto.

Per focalizzare l'attenzione su colui che racconta la propria esperienza Segre utilizza spesso il primo piano, considerato efficace per veicolare il messaggio in quanto si crea un rapporto con il pubblico: parlare guardando nell'obiettivo della telecamera, della cinepresa dà l'impressione di guardare negli occhi lo spettatore.

Tale espediente, tuttavia, non è così facile da realizzare, in quanto si devono creare le condizioni di una relazione tra persone, un rapporto emozionale, confidenziale, di fiducia.

Il risultato è che tali film sono emotivamente coinvolgenti, un vero pugno allo stomaco.
Tuttavia, le persone che avrebbero dovuto essere maggiormente stimolate dalla loro visione non hanno invece avuto reazioni positive, anzi: racconta Segre che Morire di lavoro, per esempio, proiettato alla Camera dei Deputati, al Parlamento Europeo e in incontri organizzati dai sindacati è stato accolto con indifferenza e menefreghismo, spesso in sale vuote.
Simbolo della distanza che si è creata tra i lavoratori e una classe dirigente sempre più mediocre e sciatta che pretende di rappresentarli.

Non è facile, quindi, il compito del regista-testimone: i temi trattati sono scomodi e non danno visibilità né successo e fama, con la conseguenza di dover faticare non poco per renderli pubblici, anche perché per la distribuzione cinematografica essi non sono per nulla commerciali.

Non è un caso che la casa di produzione fondata da Segre si chiami I Cammelli, cioé proprio come quegli animali tenaci e resistenti ad ogni tipo di difficoltà.

Una nota di costume.
Abbiamo inaugurato la sezione di CINEMA A BOMBA! dedicata ai documentari con la recensione di Morire di lavoro.
Non lo sapevamo, ma il termine documentario non piace al regista alessandrino, in quanto per lui il cinema è un'unica cosa: si può raccontare una storia attraverso la finzione (cioé con attori) o con i veri protagonisti della vicenda, ma l'importante è che se si hanno delle cose da dire le si dicano bene, stimolando il pensiero dello spettatore.
Bisogna perciò essere in grado di trovare un approccio espressivo e narrativo che consenta di dare un senso al proprio impegno.

Chiediamo scusa all'interessato, ma ne approfittiamo per ringraziare lui, i partecipanti al dibattito e naturalmente gli impareggiabili organizzatori di questa serata di grande cinema, conclusa con la proiezione dell'interessante documentario (possiamo chiamarlo così, almeno per non ripetere sempre la parola film?) Voci Resistenti.