Elisa Pederzoli/LA GAZZETTA DI REGGIO

«Non considero questa storia una sconfitta, ma una fase storica particolare. Non c’è rabbia, semmai parlerei di consapevolezza per un processo di fronte al quale oggi si è perdenti. Ma. ho fatto questo film perché sia di stimolo per rialzare la testa.
Non è un film per piangere, ma per riflettere e capire cosa sta succedendo». Descrive così il suo “Sic Fiat Italia Così sia Italia” il regista Daniele Segre, ospite ieri per la proiezione al Cinema Novècento.Sullo schermo sono passate le immagini, dure, che hanno preceduto il 13 e 14 gennaio 2011. Erano i giorni del referendum imposto dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Quel bivio di fronte al quale i lavoratori degli stabilimenti di Mirafio ti hanno dovuto scegliere: o accettare le nuove e restrittive condizioni per continuare a lavorare; o non accettare, vedendo chiudere la sede torinese della storica azienda italiana, come annunciato dallo stesso Marchionne. Nel film-documentario ci sono tutte quelle voci e quei volti. Cr sono le :ragioni di chi ha scelto quello che riteneva ri male minore, pur di continuare a lavorare;ci sono le ragioni di chi di fronte a quello che da più parti è stato definito un ricatto ha deciso di non piegarsi. Ma l’occhio del regista, documentando una vertenza che purtroppo non ha avuto l’attenzione – che meritava da parte dell’opinione p-ubblica, indaga anche oltre. Descrive gli operai di oggi, attraverso le loro stesse voci. «L’operaio nuovo non crede più nel sindacato — racconta uno di loro — crede nello stipendio e basta. Le lotte le hanno fatte i padri. Non cercano di migliorare le cose. Non hanno preparazione politica. Non satino niente». E recupera un pezzo di memoria, facendo raccontare agli operai di ieri come erano le condizioni di lavoro negli anni Cinquanta, quando i diritti che oggi rischiano di essere raschiati via non c’erano affatto. «Non c’era l’articolo 18, non c’era il diritto alla liquidazione, non c’erano .istituti che ci difendessero spiega un testimone Poteva capitare di andare al lavoro e da un giorno all’altro di non trovare il tuo cartellino». Segre fa parlare anche chi ha seguito la vertenza, perché parte in causa, perché parte della classe dirigente del nostro Pease: come Maurizio Landini della Fiom, Emma Marcegaglia di Confindustira, dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del ministro Maurizio Sacconi, di Massimo D’Mema del Pd.
A un anno di distanza da quella vertenza — vinta dal sì con un 54%, ma che fece registrare un clamoroso risultato per i no — ieri a Cavriago, davanti a un folto pubblico, si è parlato di quel precedente pericoloso, di lavoro, del ruolo del sindacato
con il regista, la giornalista del Manifesto e politica Luciana Castellina e il segretario provinciale della Fiom, Valerio Bendi.
•Questo documento ci dice che la classe operaia è stata cancellata, che più di cinquant’anni di sofferte conquiste sindaca-
li sono state azzerate» ha detto la Castellina. Bendi ha ricordato la posizione della Fiom, l’unica a non sottoscrivere quell’accordo: «Consideriamo quella vertenza ancora aperta. I sindacati per riconquistare il loro ruolo devono colmare la distanza con i lavoratori».