Aldo Fittante – Film TV

Un militante della poesia realista fatta per immagini: questo è Daniele Segre, piemontese, classe 1952, da trent’anni tra le barricate di un cinema che si prende le responsabilità delle urgenze, il peso dei disagi sociali, i volti e i corpi di persone che diventano personaggi e di personaggi che, davanti a lui e ai suoi occhi – siano cineprese in 16 o 35mm., telecamere digitali e non diventano uomini e protagonisti di un mondo che si vorrebbe altro. Dopo il successo di Vecchie (un'unica inquadratura fissa, due donne, due sedie e mille parole contro quello che non ci piace: a Venezia, poi in sala, quindi a teatro) Daniele ha di nuovo la necessità di misurarsi con la finzione. Naturalmente alla sua maniera. Ha girato in poco meno di quindici giorni il suo nuovo film, Mitraglia e il Verme: ancora il numero 2, questa volta declinato al maschile, di nuovo un'unità di luogo e di tempo e questa volta un bagno pubblico come scenario di derive e incazzature, feroci ironie e disperazioni esorcizzate dal cinismo. Insomma, godardianamente, Segre tra un film e quello dopo ne gira un altro. Cercando e ricercando limiti e situazioni, frontiere nuove ed emozioni mai banali. Stanco ma soddisfatto e divertito (in pochi mesi ha realizzato Volti – sei film documentari sui giovani andati in onda, in orari cenerentoleschi, su Raitre -, ha diretto il Festival di Bellaria insieme a Morandini e Costa e portato a casa quest'opera che ha tutte le carte in regola per non passare inosservata), lo incontriamo con la prima copia lavoro ancora calda di montaggio: vorrebbe andare a Venezia o a Locarno e vorrebbe che Mitraglia e il Verme partecipasse a un concorso e che il suo lavoro, finalmente, venisse riconosciuto come merita.

Gli chiediamo subito particolari.

«L'idea, al solito, è nata casualmente ed è partita con la conoscenza di due attori, Antonello Fassari e Stefano Corsi.
L'incontro è stato talmente fertile e bello che sono stati coinvolti a tutto campo sia nella recitazione che nella scrittura, con la complicità di un allievo della Scuola Nazionale di Cinema. Antonio Manca. Siamo partiti da un'intuizione che si è via via sviluppata per trasformarsi in tre atti che hanno come comune denominatore il lavoro di ricerca sulla messa in scena».

Perché questo titolo?

«Fassari è il Signor Mitraglia, responsabile delle vendite di prodotti ortofrutticoli. Mentre Corsi interpreta Verme, il guardiano dei cessi dei mercati generali, uno che soffre di calcoli. Tutto si svolge nelle toilette dei mercati. A livello di riprese, è stato un lavoro più difficile, complicato e articolato di Vecchie. Naturalmente rimagono i capisaldi del mio modo di fare/vedere cinema, a cominciare dall'autoproduzione (produzione I Cammelli praticamente no budget, ndr). Fassari e Corsi sono stati straordinari e per me l'esperienza si è rivelata altamente formativa: un viaggio di scoperta. Un viaggio che prosegue, partito dalla realtà e che continua nella realtà con più consapevolezza, raccontando altre storie con altri linguaggi».
Infatti: sembra che tu ora sia più attratto dalla finzione…
«Sai, anche quando facevo parlare le persone nei miei documentari facevo finzione, perché le stesse diventavano personaggi. Non ho mai fatto reportage».

Cosa ti spinge a fare cinema in questa maniera?

«Una necessità che si ribadisce. E poi sono importanti gli incontri: Barbara Valmorin e soprattutto Carlo Colnaghi che mi ha accompagnato in un'altra dimensione».

Sei sul campo da oltre tre decenni. Cosa è cambiato dai tempi di Perché droga e II potere dev'essere bianconero?

«è sempre Resistenza: bella e serena. è una sensazione: come annusare una bellissima aria di primavera»