Stefano Masi /La rivista del cinema

Le sale di domani saranno strutture multimediali, capaci di proiettare film in pellicola, ma anche prodotti audiovisivi elettronici. Lo dice Daniele Segre, video-maker che da anni batte le piste della documentazione sociale. Contro «il nulla che avanza» (cioé la tivù), propone un cinema delle emozioni, da farsi su pellicola o nastro, poco importa. E intanto in «Paréven furmìghi» racconta la costruzione «epica» di una sala cinematografica nell’Emilia del dopoguerra…

Applaudito a Venezia, all’ultima Mostra del Cinema, Paréven furmìghi ci propone una piccola grande storia di cinema. Come quella delle piramidi, anche la costruzione di una sala può diventare un’impresa titanica, soprattutto se vi prende parte un’intera comunità. Tutti insieme, gente di destra e di sinistra, complice il sogno del cinema. «Paréven furmìghi», racconta la voce fuori campo in stretto dialetto emiliano. Sembravan formiche, lungo la strada, a portare la sabbia dal greto del fiume fino al cantiere. Una vera catena umana. Chi a piedi, chi in bici. Chi portava un paio di mattoni, chi rinunciava al gelato per partecipare alla colletta. E ogni settimana tutti alla fornace di Bibiano, a comprare i mattoni per il cinema. Siamo a Cavriago, sette chilometri da Reggio Emilia. La storia è quella di un paese intero che nel 1950 decide di costruirsi un cinematografo, senza una lira, senza macchinari, contro il parere del parroco. Segre ha scovato i superstiti di quella leggendaria impresa – un miracolo pagano dell’Emilia rossa – ed ha rovistato nei loro ricordi. «E’ un racconto corale. Siamo partiti dalle testimonianze dei protagonisti, ma nel film ci sono soprattutto le loro emozioni».
Il Cinema-Teatro Casa del Popolo di Cavriago ha chiuso i battenti a metà anni ’80 e dopo una decina d’anni è stato ristrutturato. La riapertura come multisala (a due schermi) è avvenuta il 15 settembre dello scorso anno. In onore di Bernardo Bertolucci, è stato ribattezzato Multisala Novecento. A gestirlo è ancora la stessa cooperativa che ne curò la programmazione sin dalla nascita. Molti degli «eroi» di quella leggendaria impresa di quasi mezzo secolo fa non ci sono più. Ma adesso il ricordo della costruzione di quel cinema «fatto a mano» è affidato alla memoria di un film. Come la maggior parte dei film di Segre, anche Paréven furmìghi è girato in video, un supporto che nelle sale cinematografiche raramente arriva. «Il supporto video penalizza il rapporto con la sala», dice Segre, «perché la maggior parte dei cinema non sono preparati a una struttura multimediale e bisogna di volta in volta installare ed equalizzare il videoproiettore». Agli esercenti del futuro Segre consiglia di attrezzarsi con video-proiettori fissi, «per offrire un’opportunità in più al proprio pubblico, creando palinsesti curiosi, mescolando corti e lungometraggi, video e pellicola, in base a quello che offre il mercato».

DANIELE SEGRE
TORINO L’EFFETTO STATUTO

Oggi vive a Torino, ma da bambino Daniele Segre andava al cinema a Biella «Mio padre mi portava la domenica pomeriggio a vedere Stanlio e 0llio, Chaplin. Poi sono arrivati gli anni della scuola, quando la galleria del cinema era soprattutto un luogo dove si faceva casino coi compagni di classe».

Come è cambiato il rapporto della città con la sala cinematografica dopo l’incendio del cinema Statuto che uccise 66 persone?
«Il cinema è diventato un’altra cosa, le sale sono diventate dei salotti. Eppure ho ricordi molto belli legati a queste vecchie sale fumose. C’era chi tirava gomme da masticare dalla galleria in testa a quelli della platea. Roba da cortile, da paese. Quello stesso mondo che ho raccontato in Paréven furmighi. Risate incredibili. ll cinema diventava una scusa per stare insieme e giocare nel buio a fare le cose che in qualche modo ci facevano diventare adulti. Il cinema è stata una palestra di questa maturazione, ma era anche una festa».

Ovviamente, adesso il cinema è un’altra cosa. «Ormai quando vado al cinema mi preoccupo soprattutto dell’acustica e della qualità della proiezione. Però, andandoci con mio figlio, di pomeriggio, all’Eliseo, ci vediamo film americani come Batman Jurassic Park, davanti ai quali torno bambino insieme a lui».