Bruno Ugolini – http://storiedioggi.comunita.unita.it

È l’ultimo film di un regista che ha dedicato gran parte delle sue opere al mondo del lavoro: Daniele Segre. Parla di operai e di precari. È il più bel film di Segre e casca in un momento di attualità, il varo di una discussa riforma del lavoro, rivolta, appunto, a quei due soggetti. Lo spunto è preso dalle vicende Fiat ma le sequenze si allargano ad altre realtà. È un racconto avvincente che descrive la realtà di oggi più di tanti saggi.
Siamo ai cancelli di Mirafiori nei giorni di un referendum (gennaio 2011) voluto da Marchionne per valutare un nuovo regime di fabbrica. Operai e impiegati discutono. Descrivono la loro condizione, le loro ansie. C’è chi parla di ricatto. Chi chiede con angoscia: «Se vince il no e la Fiat chiude che cosa fai?». E altri rispondono: «Se vince il no toccherà ai politici intervenire». Non sono voci univoche. Parlano delegati della Fiom, ma anche della Fim e della Uilm. Sono giovani quelli che meglio parlano di una condizione di solitudine: «Non siamo nessuno». È la testimonianza della perdita di un ruolo, della difficoltà a far valere le proprie ragioni. «È cambiata la mentalità del metalmeccanico: non è più capace di arrabbiarsi». E ancora: «La nuova classe operaia non è più classe operaia… Le lotte le hanno fatte i padri, i giovani hanno trovato la pappa pronta». Poi arrivano proprio i padri, con una serie di volti che parlano da soli. C’è Giulio Gino, leader operaio degli anni 60-70 e molti altri. Rievocano gli anni in cui non c’era ancora lo Statuto dei lavoratori. Licenziamenti facili? «Allora potevi non trovare più da un giorno all’altro il cartellino». Poi sono arrivate le conquiste: 15 giorni di ferie, il sabato libero, la parità salariale, le assemblee in fabbrica. Il giudizio sull’oggi è tagliente: «Il mondo operaio non crede più nel sindacato ma nello stipendio che arriva a fine mese». Ora si passa ad altri pezzi del mondo del lavoro: gli edili alle prese con una catena impressionante di vite umane spezzate, i minatori sardi. Sono chiamati a interloquire con personaggi diversi da Marchionne a Ingrao e D’Alema, da Landini ad Airaudo.
Si ritorna a Mirafiori. Ha vinto, di poco, il sì voluto da Marchionne, Ha vinto la paura, la mancanza di alternative credibili. E la storia non è finita. Continua oggi con le concitate polemiche attorno alla riforma voluta dal governo Monti. Tutto si può dire su quel decreto, ma resta una cosa chiara, non smentibile: nelle fabbriche, negli uffici, nei luoghi di lavoro, loro, gli operai, tecnici, impiegati, saranno meno forti difronte alle volontà del datore di lavoro, del padrone. Saranno meno propensi a dar vita a un sindacato capace di contrattare e di non stare solo con il cappello in mano. È la rivincita.