Gabriella Gallozzi – l’Unità

Da Venezia a Bologna. Dalla Mostra del cinema alla Cineteca comunale. Ma senza passare per la Festa nazionale de L’Unità, la prima senza l’Unità, in corso in questi giorni nella città simbolo dei travagli della sinistra del 2000. Qui Via due Macelli, Italia. Sinistra senza Unità, il film-fiume (oltre dieci ore di immagini) di Daniele Segre sugli ultimi drammatici giorni di vita della testata che ha “occupato” per dieci giorni il festival di Venezia, non ha trovato spazio nel cartellone della kermesse diessina. Ad ospitarlo, invece, è la Cineteca cittadina che ha organizzato nella sala Lumière una maratona di tre giorni con proiezione e dibattito per il pubblico. Spinta, come spiega lo stesso vicedirettore Gianluca Farinelli, “dal dovere istituzionale di mostrare un film che normalmente, in questo formato così lungo, non avrebbe trovato spazio altrove. Certo, la contemporaneità con la Festa nazionale ha amplificato l’evento. Ma per noi comunque, era un dovere far conoscere il film di un regista importante come Segre”.
Gli elementi per la “polemica”, dunque, ci sono tutti. E polemica è stata. Anche se in sordina, come avviene per le liti in famiglia. “Alla festa ci sarei andato volentieri – dice Daniele Segre – ma dietro invito di Veltroni o della segreteria Ds. Mentre, invece, non è accaduto nulla di tutto questo. E’ vero, a Venezia avevo incontrato Giovanna Grignaffini, del comitato della Festa, che mi aveva detto che se volevamo potevamo auto-invitarci. Ma non sarebbe stato dignitoso… Il film avrebbe dovuto essere accolto ufficialmente e non fatto passare dalla porta di servizio”. Insomma, come si fa per gli ospiti scomodi. “E’ difficile immaginare questo film alla Festa – sottolinea Maddalena Tulanti de l’Unità – perché è in corso una guerra, una trattativa in cui i diritti dei lavoratori non riescono a pesare. Venire a Bologna per noi é stato difficile soprattutto dal punto di vista psicologico. Anche perché quella de l’Unità non è stata una morte naturale ma un omicidio”. Del quale il primo atto si è consumato più di un anno fa con la scelta di chiudere le cronache delle cosiddette roccaforti rosse: Firenze e Bologna. Proprio Bologna, dove di lì a poco si sarebbe consumato un altro atto storico della politica del nostro paese: la vittoria del sindaco del centrodestra, Guazzaloca. “Dovevamo morire non solo per ragioni economiche – conclude Maddalena Tulanti – ma forse perché l’Unità e Botteghe Oscure rappresentano gli ultimi simboli di una storia troppo ingombrante, da mettere in archivio”.
Una storia, però, che per molti è ancora presente. Ed è argomento di dibattito. Come è accaduto l’altra sera al cinema Lumière dopo la proiezione del film. Davanti ad un pubblico soprattutto di giovani. Pronti ad interrogarsi sul nodo centrale del lavoro di Segre: l’identità della sinistra nel nuovo millennio. “Quello che ci ha portato a Bologna – aggiunge il regista torinese – a questa occupazione politica del cinema, non è un sentimento di contrapposizione, ma di confronto e di stimolo. Messo tanto più in risalto da questo preoccupante gelo che circonda il film. Un film duro, ma utile per guardarsi allo specchio. Per guardare in faccia la realtà e ritrovarsi avendo il coraggio di capire ciò che cambia”. E soprattutto, prosegue “un momento di incontro maturo che va al di là della drammatica vicenda de l’Unità, riflettendo sui valori e i diritti, temi che da sempre hanno costruito l’identità della sinistra”. Almeno fino ad ora. “Ecco, lo slogan di questa Festa nazionale, in corso a pochi passi dal cinema, è : “ComunIcare fa bene”, sottolinea il regista. “Uno slogan che è sempre stato il mio”. E chissà se davvero in questi giorni a Bologna tutti possono dire la stessa cosa.