Stefano Stefanutto Rosa/http://news.cinecitta.com/dossier/articolo.asp?id=7899

Lecce, 12° Festival del Cinema Europeo

“Sono per il cinema di realtà, ma un buon critico deve essere politeista, cioè saper apprezzare ogni forma di cinema. Sono contro il cinema d'autore all'italiana che ha creato film pessimi e velleitari con il denaro pubblico”. E' tranchant l'86enne critico cinematografico Morando Morandini, ma per favore non chiamatelo 'decano' per questo termine militaresco poco s'addice alla sua natura antibellicista. A lui è dedicato Je m'appelle Morando-Alfabeto Morandini, un altro dei ritratti confezionati con cura da Daniele Segre, e visto al Festival del cinema europeo, dopo quelli della fotografa Lisetta Carmi, dell'editore Luciano Lischi e ritratto di Maria Adriana Prolo, fondatrice del Museo nazionale del cinema di Torino.

“E' un omaggio dovuto di un amico a un amico. Io e Morando ci siamo conosciuti nel 2002 in quanto condirettori del Festival di Bellaria, per circa quattro anni ci siamo frequentati e riconosciuti – spiega Segre nel giorno in cui la sua società di produzione, I Cammelli, festeggia i 30 anni di attività – Ho voluto trattenere la memoria di un testimone importante e moderno del nostro tempo”. Replica il critico: “Lui è l'autore e il soggetto, io sono l'oggetto”.

Je m'appelle Morando si compone di due parti girate in tempi diversi: l'una nel 2004 nella casa di Levanto e l'altra del 2010 nell'abitazione di Milano. E restituisce con immediatezza e spontaneità le caratteristiche di un intellettuale, purtroppo in via d'estinzione. “Passo per un critico di sinistra, e lo sono, ma non come tanti credono; mi considero un liberalsocialista alla Norberto Bobbio, abituato alla pratica del dubbio, al continuo interrogarsi”, rivela il protagonista.

Una carriera giornalistica lunga più di 50 anni, cominciata nel dicembre 1945 in un quotidiano cattolico di Como, 'L'ordine', proseguita come caposervizio Spettacoli alla 'Notte' di Nino Nutrizio, per arrivare al quotidiano 'Il Giorno' di Italo Pietra.
I maestri nel giornalismo? Gianni Brera, una grande firma sportiva, che gli ha anche insegnato a mangiare e bere. E poi il critico Filippo Sacchi.

Quali le difficoltà della scrittura? Innanzitutto la macchina per scrivere che resiste all'utilizzo del computer. E poi quelle preziose ma faticosissime schede film che portano via tempo. Sono infatti 23mila e 500 i titoli schedati dal famoso 'Morandini-Dizionario dei film', in uscita dal 1998. E tra tutti questi film elenca i migliori fattraverso i decenni, a partire dagli anni '20 fino agli anni duemila: Il cameraman di Keaton, L'uomo di Aran di Flaherty, Les enfants du paradis di Carné e Prévert, Hiroshima mon amour di Resnais, 8½ di Fellini, Nashville di Altman, Fanny e Alexander di Bergman, Madre e figlio di Sokurov, Vincere di Bellocchio.

Morando è stato anche due volte attore: per Bernardo Bertolucci in Prima della rivoluzione (1963) e in Remake di Ansano Giannarelli. E sempre due volte è stato querelato: la prima dal produttore di Scipione detto anche l'Africano di Luigi Magni per avere sconsigliato di vedere il film; la seconda dalla McDonald's per averne scritto in modo offensivo (“il suo squallore rutilante”).

Rivedendosi, Morandini non rinuncia alla recensione: “Il documentario ritratto sta diventando un sottogenere, specie in Francia e negli Usa. Daniele ha utilizzato come colonna musicale il rumore della macchina per scrivere. E poi per caratterizzare questo 'ritratto interiore' ha tenuto le pause, riuscendo anche a farmi dire cose che non avevo mai rivelato come la probabile origine del mio balbettio. Così come quelle battute sulla morte non sono preparate”.
Il documentario si conclude infatti con una riflessione, in parte ironica: “Una volta morto, vorrei una cena, da me pagata, nella quale si parli e si sparli di me con allegria”, risponde Morandini. Il regista l'ha ritenuta una domanda giusta, perché rivolta a un uomo che ha superato gli ottant'anni: “L'ho fatta a bruciapelo e con la macchina da presa sono rimasto in attesa della risposta”.

Da segnalare che nel nel 2009 Tonino Curagi e Anna Gorio hanno firmato il documentario “Morando Morandini non sono che un critico” prodotto dal Settore Cultura della Provincia di Milano in collaborazione con Lumiere & Co.