A. P. /Il Corriere Mercantile

Daniele Segre fa da anni un cinema “povero” ma forte e intenso, indipendente, spesso militante, non di rado arrabbiato. Lui si schermisce: «Ma no, non sono sempre “contro”. Ho diretto “Vecchie”, una cosa tranquillissima…”. Di certo nasce però da un forte sentimento di indignazione l'ultimo film del regista, “Mitraglia e il verme”, in programma domani alle 21 all'Instabile in anteprima ligure. Segre incontrerà il pubblico. L'ingresso è libero. La serata fa parte della rassegna “Cinem/Abili”.
“Mitraglia e il verme” è una storia vagamente pinteriana a due personaggi, ambientata nei bagni di un mercato ortofrutticolo e impregnata di miserie morali e materiali. «Questo film nasce da un sentimento di profonda indignazione per come vanno le cose nel tempo presente, in cui la dignità umana vale poco e il cittadino comune è in balia di eventi più grandi di lui. C'è incertezza sul futuro, non sappiamo se potremo avere una sicurezza economica, il precariato riguarda tutti» spiega Segre, che è nato ad Alessandria nel 1952 e vive a Torino. Ha cominciato come fotografo negli anni Settanta, poi si è dedicato al video di argomento sociale. Ha fondato la società di produzione I Cammelli e la Scuola video di documentazione sociale. «Il mio interesse è sempre andato verso la realtà. Sono conosciuto come documentarista, ma da qualche tempo mi interessa di più lavorare con la finzione». Il documentario però è sempre più apprezzato, approda in sala, Michael Moore insegna. «Ben vengano questi esempi, ma non è che scopriamo ora il documentario, che è sempre stato una colonna portante del cinema italiano» puntualizza Segre.
Il regista, sempre nell'ambito di “Cinem/Abili”, sarà ospite questa sera alle 21 del Nuovo Cinema Palmaro dove presenterà due suoi lavori “Come prima, più di prima ti amerò” e “Sei minuti all'alba” (a ingresso libero). Inoltre questa mattina al Teatro della Gioventù, sarà proiettato un suo documentario del 1978. “Il potere dev'essere bianconero”; fra il pubblico ci saranno tifosi di Genoa e Sampdoria che fanno parte della Cooperativa Genova Insieme. Racconta Segre: «Ho girato due documentari sul tifo violento, dopo “Il potere dev'essere bianconero” ho realizzato nel 1980 “Ragazzi di stadio” che è diventato anche un libro. I tifosi violenti in questi anni non sono cambiati, secondo me. Sono sempre il risultato dell'esproprio di identità nei giovani urbanizzati, vivono una profonda solitudine, si sentono di esistere solo quando sono allo stadio». Forse è cambiato il calcio in quasi trent'anni. «Non credo. Dicerie sulla Juventus ce n'erano già allora. Il calcio è sempre stato così, e anche dopo questo polverone tutto rimarrà uguale, ha già vinto il perdonismo».