Federico Pontiggia/Cinematografo.it

Il referendum voluto da Marchionne a Mirafiori ha chiuso completamente un tempo: oggi il lavoro non viene più riconosciuto, la sensazione è di totale abbandono. Così il regista Daniele Segre, che porta al 29° Torino Film Festival un viaggio a ritroso nel mondo del lavoro, dal titolo ironico e amaro: Sic Fiat Italia. Accettare nuove condizioni lavorative o si chiude: il referendum del 13-14 gennaio 2011 a Mirafiori è elemento scatenante del documentario, che parte dai lavoratori fuori dai cancelli della Fiat, passa dalla Fiom (il segretario Landini) al microfono e setaccia 20 anni di storia desunti da altri doc di Segre, quali Partitura per volti e voci (1991), Asuba de su serbatoiu (2000) e Morire di lavoro (2008).
E un film emblematico, dice l’autore, perché “può nutrire i cervelli, esplorando le condizioni dei lavoratori negli ultimi 20-30 anni con natura saggistica. Davvero, auspico che Sic Fiat Italia (arriverà in homevideo con Feltrinelli Real Cinema) sia attivamente funzionale al dibattito, perché la preoccupazione è una deriva democratica. E il casus belli, secondo Segre, è proprio quel referendum: Far votare una volta e non far votare più: attraverso uno strumento democratico, quale è il referendum, si arriva al punto di non ritorno. Una fregatura, un ricatto bello e buono: o accetti o non sopravvivrai. Schiavitù legalizzata, e in scala è esattamente quel che è successo in Grecia: l’Europa ha bloccato il referendum, perché avrebbe significato la fine dell’euro.
Problema, né gli operai né i sindacati sono più quelli di una volta. Già 20 anni fa, una tuta blu in Partitura per volti e voci, che Segre qui riprende, riduceva ai minimi termini l’impatto delle associazioni sindacali: E’ la perdita graduale ma inesorabile dell’identità lavoratori, e con il governo nuovo li attendono ulteriori sacrifici, pronostica il regista. E il futuro è nero anche sul fronte Fiat: Era la più grande azienda italiana ora è una multinazionale, e non è detto che la sede legale rimanga sede qui, piuttosto che negli Usa: potremmo uscirne gravemente impoveriti, perché il benessere dei lavoratori è il benessere del Paese.