Alessandra Levantesi

Il cinema italiano in programma nelle sezioni collaterali della Mostra ha visto quest’anno una certa interazione fra schermo e palcoscenico; e non solo perché al Lido è transitato Maurizio Scaparro annunciando i suoi prossimi progetti multimediali. Se alla Settimana della Critica ha ottenuto consensi il beckettiano «Due amici» di Scimone e Sframeli, trascrizione del loro spettacolo «Nunzio», a nuovi territori il documentarista Daniele Segre si è avventurato con «Vecchie» sulla strada della fiction, rifacendosi anche lui al modello del grande drammaturgo irlandese. Su uno sfondo fisso e di impianto decisamente teatrale, un tavolo e due sedie, le amiche Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin (co-sceneggiatrici con il regista) rinvangano il passato, nevrotizzate dall’avanzare dell’età e dalla solitudine. In camicia di notte ogni tanto decidono a turno che stanno per uscire di casa, ma il momento non arriva mai in un incrocio tra «Aspettando Godot» e «Giorni felici».
Sempre a nuovi territori il parmense Giuseppe Bertolucci, che (per usare parole sue) «di trasloco, trasferimento, traduzione, trascrizione da un sistema di segni all’altro» ha lunga consuetudine, si accosta al mondo napoletano lavorando con l’abituale raffinatezza sul monologo «Luparella. Ovvero foto di bordello con Nana», scritto e diretto in teatro da Enzo Moscato Sul palcoscenico spoglio, l’anziana Nana rievoca la sua vita di serva e poi prostituta di casino nella cornice della Napoli sotto i nazisti del ’43. Capelli fiammeggianti e abito da sera azzurro elettrico, l’ammirevole Isa Danieli esalta il linguaggio evocativo e barocco del testo, facendo vibrare la terribile storia di mille emozioni in una gamma che svaria dall’ironia alla tragedia, dalla rabbia al fatalismo. Bertolucci segue l’attrice in lunghi piani-sequenza, avvicendando brevi e struggenti intermezzi musicali elaborati in chiave partenopeo-tedesca a Pasquale Scialò a immagini di repertorio della Napoli occupata. Come per sottolineare che la Danieli esprimendo la voce di una Nana ferita ma non doma, parla a nome di tanti.