Gabriella Gallozzi / l'Unità

Indignazione soprattutto. E’ da qui che parte il nuovo progetto di Daniele Segre: un film sugli incidenti sul lavoro, sulle morti bianche, su tutti coloro – un numero «impossibile», sempre in crescita (212 dallo scorso gennaio) come riportato quotidianamente nelle pagine di questo giornale – uccisi dalla mancanza di sicurezza nei cantieri, nelle fabbriche, nei luoghi d'impiego più vari e spesso improvvisati. «Erano anni che volevo fare un film su questo – racconta il regista – perché certo non è un problema di oggi. Così, quando c'è stato quel drammatico incidente in Sicilia dove ha perso la vita un operaio al suo primo giorno di lavoro e il presidente Napolitano ha lanciato il suo monito, ho capito che dovevo fare qualcosa. Cioè, ricominciare da dove ero partito: il mondo operaio».
Un mondo che Daniele Segre ha indagato sempre, registrandone umori, lotte, emergenze. Portando la sua cinepresa nelle fabbriche (“Crotone, Italia”, “Un solo grido, Lavoro), fin giù nella profondità della terra al fianco dei minatori (“Dinamite”), seguendo vertenze estenuanti e drammaticamente spettacolari come quella degli operai della Nuova Scaini di Villacidro, in Sardegna, durante la quale alcuni lavoratori hanno rischiato l'esplosione «occupando» i serbatoi di gas (“Asuba de su serbatoiu”). Il cinema dell'emergenza, lo chiama Daniele. Che nasce dalla voglia di raccontare la realtà, anche la più scomoda. Così come ha fatto raccontando pure la chiusura del nostro giornale nel 2000 con “Via due Macelli, Italia – Sinistra senza Unità”. E come ha continuato anche attraverso gli ultimi suoi film “Vecchie” e “Mitraglia e il verme”, lavori duri, estranei ad ogni indulgenza, sia che raccontino della vecchiaia, o del disagio di vivere del nostro tempo.
Un cinema necessario, dunque. Spesso sostenuto dal sindacato, come questo suo ultimo lavoro che sarà prodotto dalla sua società «I cammelli», in collaborazione con la Fillea Cgil, il sindacato degli edili. In questa prima fase di preparazione del film, racconta Segre, ha avviato i primi incontri con i responsabili del sindacato per acquisire dati, cifre, elementi. «Si calcola che soltanto nei cantieri – racconta – ci sia una media di 200 morti l'anno». E i motivi, per lo più, sono sempre gli stessi: «gli incidenti – prosegue Segre – avvengono per la mancata applicazione delle norme di sicurezza, perché troppo spesso si lavora in subappalto e l'unica cosa che conta è tagliare i costi. E poi c'è la fretta che uccide. Il business non tiene conto dell'uomo». E sarà proprio questo il centro del film. «Più che stare dentro ai cantieri starò dentro all'umanità», prosegue Segre, «quell'umanità che si sveglia alle cinque di mattina, sa dove va, ma non sa mai se potrà tornare a casa».
Saranno tante storie, insomma, questo nuovo film. Storie raccolte attraverso tutta l'Italia, dal Nord al Sud. «Un viaggio in Italia di testimonianza e riflessione». Attraverso le famiglie delle vittime, tra i sopravvissuti agli incidenti, tra coloro che sono costretti a passare il loro quotidiano nei centri di fisioterapia e riabilitazione. «Entrerò nelle case dei superstiti – prosegue – di famiglie monoreddito che, dopo l'incidente, conducono una tragica esistenza. Sarà il ritratto di storie dolenti che non dovrebbero esistere in un paese civile come il nostro». E sarà un lavoro per il quale Daniele Segre si dà un tempo lungo, perché vuole «arrivare in profondità», visto l'argomento così importante. «E' una storia del nostro paese che nessuno vorrebbe raccontare – prosegue – perché è un veo bollettino di guerra». Ma lui ci proverà lo stesso perché si sente di «dover intervenire come regista». Il suo lavoro sarà pronto per la primavera 2008 e magari, si augura, «potrebbe arrivare persino nelle sale». Sperando almeno, che non dovrà combattere per «arrivarci», come ha dovuto fare quel coraggioso Apnea di Roberto Dordit che per primo ha portato le morti bianche nel cinema italiano.