Andrea Ghisellini / Il Resto del Carlino

«Vite di ballatoio», di Daniele Segre, ha vinto il secondo festival del cinema indipendente di Bellaria, organizzato dall'azienda di soggiorno. La giuria (presieduta da Dario Zanelli e composta da Luigi Barberini, Goffredo Fofi, Tinin Mantegazza, Morando Morandini, Gianni Volpi ed Ettore Zocaro) lo ha scelto tra i sedici film presentati alla rassegna apertasi il 2 agosto scorso. Un premio speciale ex aequo è stato anche attribuito ai due film “Drimage” e “Paesaggio con figure” di Silvio Soldini e a Summertime di Massimo Mazzucco (fuori concorso). Riconoscimento anche per “Venerdì sera, lunedì mattina” di Daniele Pianciola e a Alberto Chiantaretto, mentre targhe speciali della giuria sono andate alla sezione video presentata dal Centro cinema Forlì e al film “La verità non si dice mai” di Maria Bosio. La scelta della giuria non è stata facile perchè, come ha sottolineato Gianni Volpi a nome dei colleghi, quasi tutti i film della rassegna erano di ottima qualità e di notevole livello espressivo.
Nata lo scorso anno nel pieno della calura agostana e quasi alla chetichella, la mostra di Bellaria, già al secondo anno, può dire di aver raggiunto il suo scopo, quello cioè di costituire una sorta di apprezzabile censimento della produzione cinematografica “esterna” al mercato, tra underground ed artigianato intelligente. Si tratta di ritrovare i segni di quel che si muove sotto la superficie — osservano gli organizzatori della manifestazione
— “ Soprattutto sotto la superficie della crisi ormai endemica del nostro cinema. Abbiamo cioè voluto offrire un panorama della creatività e della produttività emergenti che non ha ancora un volto o connotati riconoscibili. C'è una vitalità diffusa e anche decentrata di cui non si tiene spesso conto. Moltissimi film ormai non nascono più a Roma, ma in contesti sociali diversi che costituiscono il tessuto, la base per una “narratività” originale e spesso inconsueta”.
E' il caso per esempio di Daniele Segre. Nato ad Alessandria nel 1952, vive a Torino dal '63. Dopo un passato di atleta, passa alla fotografia e poi al cinema, specializzandosi nella documentazione delle lotte sociali. Inizia a girare in proprio nel 1976, con il cortometraggio “Perché droga”. Nel 1982, dopo una lunga collaborazione con la Rai, il festival del cinema Giovani di Torino gli dedica una personale. Nel 1983 vince il festival internazionale Cinema e Mezzogiorno d'Europa di Lecce con il film “Ritratto di un piccolo spacciatore”, ed il suo primo lungometraggio “Testadura” è presentato alla mostra di Venezia.
Con “Vite di ballatoio” Segre ha raggiunto una notevole maturità espressiva. Girato con grande crudezza ma ricco di spunti riflessivi e intelligenti il film è un'analisi compiuta nei ghetti delle nostre città, dove emarginazione e violenza urbana si intrecciano ai problemi di sopravvivenza, anche psicologica. Un fenomeno di costume e di cronaca (senza compiacimenti di “colore”) descritto come un viaggio attraverso un mondo popolato da incubi che ci sforziamo spesso di dimenticare.