Gad Lerner, Linea d'ombra

Credo che Partitura per volti e voci resterà negli archivi e verrà utilizzato dagli storici come la testimonianza più efficace non solo di un travaglio, ma di una vera e propria mutazione culturale del più grande e glorioso sindacato italiano, mutazione sul cui esito al momento nessuno di noi si sognerebbe di scommettere una lira, ma che pure seguiamo con interesse e speranza. La Cgil sapeva di mettersi in mani amorevoli, concedendosi alla telecamera di Segre, uno che sta sempre dalla parte dei deboli e dei subalterni. Ma anche uno che i soggetti sociali li va ad indagare attraverso l’incontro con i singoli individui, nelle loro miserie e contraddizioni. (…)
Forse appartiene all’altro ieri l’epoca in cui – sono parole di Aris Accornero — il partito e il sindacato trasformavano i lavoratori più coscienti in “macchine per la lotta di classe”, ma certo appartiene al passato recente e all'oggi la formazione di quadri adibiti alla pura e semplice mediazione politico-burocratica. Ebbene, solo tenendo sempre ben presente questo punto di partenza in cui era compresso l'enorme patrimonio umano di un’organizzazione come la CGIL, si può cogliere la novità dirompente delle interviste raccolte da Daniele Segre. Questa disponibilità, talvolta perfino un po’ impudica o comunque autocoscienziale, a raccontarsi in quanto individui, frammenti di una classe, militanti che hanno da poco scoperto il valore delle differenze. Al di là della svolta politica, impressiona la repentinità della mutazione culturale, in casa CGIL. La disponibilità a mostrarsi e a dichiararsi individualmente su cui ha lavorato Segre, e davvero recentissima nonché maturata rapidissimamente. È faccenda degli ultimi due o tre anni. Confesso che mi spaventa anche un po’. Mi domando se tanta sensibilità individuale, tanta disponibilità a misurarsi con la complessità e le contraddizioni interne al mondo del lavoro, siano poi compatibili con la durezza dello scontro sociale, di fronte a dei padroni che non fanno certo autocoscienza. Ma l’unica risposta sicura e che sulla linea di prima, con la durezza ideologica tutta solo apparente, non si andava neppure a una onorevole sconfitta, bensì al macello, e senza neppure la soddisfazione di essere riconosciuti come interlocutore onesto dei lavoratori .
Forse, quando verrà consultato negli archivi, Partitura per volti e voci sarà considerato una manifestazione estrema di una fase di svolta. Perché, una volta scoperto il valore delle differenze, se vuole sopravvivere, un progetto sindacale dovrà anche scoprire i meccanismi di una solidarietà collettiva fra diversi. Ma neanche allora sarà possibile sorriderne come se si trattasse di una moda culturale o di un sindacato sdraiato sul lettino dello psicoanalista. Perché vi resterà comunque dentro un’immagine del mondo del lavoro subalterno che si vuole vivere con dignità, raffigurata da Daniele Segre con un amore e un rispetto umano tali che si ripercuotono su chiunque lo guardi.