Abir Soleiman/ La Gazzetta di Reggio

«Tempo vero» è il titolo del film di Daniele Segre, che ieri è stato proiettato in anteprima all'Astoria in occasione della giornata mondiale dell'Alzheimer. Stralci di vita vissuta in prima persona accanto ai malati di Alzheimer, testimonianze di dignità e forza di andare avanti conquistata giorno dopo giorno, in uno svilupparsi di forti emozioni: capire, accettare e combattere la malattia sono le tre fasi che accomunano le esperienze riportate nel film.
Un contenuto carico di significati e messaggi, quello della pellicola alla cui proiezione esclusiva hanno assistito oltre ai familiari dei malati, anche Gianluca Borghi, assessore regionale alle politiche sociali, Giovanni Bissoni, assessore regionale alla sanità, Sonia Masini, vice-presidente della Provincia, l'assessore comunale alle politiche sociali Anna Maria Mariani, Mariella Martini, direttore generale dell'Ausl e Simona Cavalieri Baldi, presidente della sezione reggiana dell'Aima, l'associazione italiana malati di Alzheimer.
A parlare al pubblico, terminata la proiezione, è stato proprio Segre: «Mi sono sentito delegato — ha spiegato il regista — dai familiari dei malati e dall'azienda sanitaria che si proponevano di lanciare un messaggio che si rivela di pubblica utilità.
Sono diversi infatti gli aspetti che questo film racchiude, dalle difficoltà pratiche delle famiglie che hanno in casa un malato di Alzheimer, alla malattia stessa nel suo logorare progressivamente la lucidità mentale e la mobilità fisica. Per raccontare le forti emozioni che scorrono allo stesso modo, sebbene dentro case diverse, Daniele Segre è entrato con le telecamere dentro queste case: è normalità anche dentro quelle mura, diversa forse dalla quotidianità che invece si muove al di fuori, ma la scommessa è quella di farla bastare, trovando la dignità sorretta dall'amore per continuare a vivere, e cercando di farlo nel migliore dei modi possibile.
Dover assistere la persona che si ha sempre visto attiva e autosufficiente in ogni suo passo è il muro della sofferenza per chi vive queste situazioni, «ma — dice una ragazza nel film — l'approccio migliore è quello di cercare di vedere e conservare quello che il malato sa fare e non vedere solo quello che non è in grado di fare». A volere questo film, l'Ausl locale. A spiegarne le ragioni Mariella Martini, definendo due filoni su cui ragionare, «uno di sensibilizzazione collettiva e l'altro di formazione per gli addetti ai lavori».