Francesco Bellu/www.sassarinotizie.com

SASSARI. L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma di questo diritto sancito dalla nostra Costituzione spesso si muore. Le chiamano “morti bianche”, ma il loro colore è il rosso sangue, bianco rimane solo il lenzuolo che copre le vittime.
Daniele Segre in “Morire di lavoro” ha raccontato le vite spezzate di chi sgobbava caricando mattoni e saliva sulle impalcature barcollanti, senza casco, né protezioni di alcun genere. Perché molto spesso è per colpa dell'imperizia e della mancanza delle più elementari regole di sicurezza che si muore in cantiere.

Il film verrà proiettato con la presenza del regista venerdì alle ore 20 nell'aula “Spagna” del Quadrilatero di Scienze Politiche all'interno della rassegna “3 2 1 Ciak sul lavoro”, organizzata alla Commissione per la promozione sociale della Consulta di Pastorale Giovanile insieme con la Caritas, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Sassari, il Sardegnafilmfestival e finanziata dal MLAC.

La trama del film di Segre si sviluppa attraverso i racconti e le testimonianze dei lavoratori e i familiari delle persone morte nei cantieri mentre impastavano cemento o tiravano su muri. Tre attori, due italiani e un senegalese, che interpretano ciascuno il ruolo di un lavoratore morto in cantiere fanno da filo conduttore al documentario. Al centro gli incidenti mortali, l'orgoglio del lavoro, di come si è appreso il mestiere, della sicurezza e della sua mancanza, di lavoro nero, di caporalato.