C.C./La Gazzetta di Reggio

Un pubblico numeroso ha assistito con interesse e curiosità alle due proiezioni di Daniele Segre che si sono svolte venerdì sera al Rosebud: «Vite di Ballatoio» e «Ritratto di un piccolo spacciatore». Alle proiezioni ha fatto seguito un dibattito nel quale l’autore ha spiegato le motivazioni e le difficoltà di realizzazione del suo lavoro. Ieri Segre, sempre al Rosebud, ha incontrato i giovani filmaker reggiani per avere un rapporto più «specializzato» con i suoi colleghi cittadini. Poiché questo giovane torinese sta dimostrando notevoli capacità, pubblicamente riconosciute, abbiamo cercato di ricostruire con mini-tappe fondamentali della sua esperienza artistica,

Che cos’è Testadura?

«Testadura rappresenta un periodo preciso, anche storico della mia vita e di persone che vivono in città, che hanno vissuto il tempo delle parole, non dei fatti, dove si registra una dimensione di annullamento, dove il bisogno di essere protagonisti si smarrisce nei sogni che non si realizzano. Tutti i personaggi, tranne me e Rossana che parte, sono lì posteggiati, seduti, fermi immobili è la fotografia di un momento che ci è appartenuto».

Se è un momento, tu riesci a immaginare un possibile futuro per i due protagonisti, lei che parte e tu che resti?

«Il momento successivo è la realizzazione di quel sogno. In questo momento sto facendo il mio mestiere; lo sto facendo come piace a me, cercando di essere padrone del mio lavoro; questa è la continuazione di quella storia. Ognuno protagnista della propria vita fino in fondo»

Libero delle scelte che vuoi fare, quindi anche portare avanti un discorso di coerenza ma certamente alternativo, diverso…

«Diciamo padrone del mio lavoro, in una realtà dove nessuno è padrone del suo lavoro. Intendiamoci, io non rifiuto rapporti con nessuno. Pensa che se non ci fosse la Rai probabilmente gente come noi non esisterebbe. La cosa da dire è che io cerco sempre di fare esattamente quello che desidero».

Io parlavo soprattutto di scelte ideologiche…

«Dipende dalla cultura e dalla storia che tu hai alle spalle. Io sono arrivato a fare queste scelte e non altre. Anche se il cardine del tutto è la possibilità di fare delle scelte in base ai miei bisogni, quindi cercare, nel limite del possibile, di essere felice».

In certi tuoi film la felicità sembra don esistere…

«In quel mondo, le cui situazioni sono pesantissime, ci sono delle piccole felicità, lontane dagli stereotipi. Ma c’è, soprattutto in quel mondo, un grande desiderio di felicità, ognuno a modo suo cerca di ritagliarsi proprio spazio nel quale vivere ed essere rispettato. Le scelte ad ogni livello si pagano».