Maria Teresa Martinengo / Stampasera

Passeggiano nella città, guardano i tetti di Torino dalla Mole, vanno al mercato, al bar. E lavorano. Fanno le pulizie in una scuola. nei servizi di una Usl. Sono gente tra la gente, con un'identità che prima non avevano. «Eravamo i pazzi del manicomio» dice un uomo. Poi aggiunge «Ce la faremo dopo tanti anni?». E risponde: «Ce l'abbiamo fatta».
Questa gente tra la gente è la protagonista di «Non c'era una volta…». un video di Daniele Segre prodotto dalla Cammelli Factory per la Cooperativa Progetto Muret. nell'ambito del progetto Cee «Immagini e percorsi nella città, La Progetto Muret è una cooperativa «al servizio della persona» che lavora in psichiatria. Si occupa cioè degli ex degenti negli ospedali psichiatrici che la legge 180 ha liberato dalle istituzioni manicomiali.
Il film, della durata di 27 minuti. viene presentato questa sera al cinema Charlie Chaplin di via Garibaldi: una première in piena regola, con rinfresco alle 20,30. riflessione con gli «attori» presenti in sala e la partecipazione di Gastone Cottino, Tonino De Bernardi, Nicola Negri, Agostino Pirella, Gianni Vattimo, il regista Segre.
«Non c'era una volta…» è un'opera che non è solo documentario. è l'affermazione di tante esistenze che incominciano adesso il loro cammino. Vi si raccontano tante storie, in fondo una storia sola: «Non parlavo mai» dice una donna «ora abbiamo questi operatori che ci vogliono bene». E con gli «operatori», uomini e donne imparano a danzare. Parlano. riflettono. Una signora sulla cinquantina: «Sono testarda. Penso al passato, invece che al futuro. Forse è per questo che la mia dottoressa ogni tanto mi manda via. Forse la deprimo».
In tuta blu da lavoro, uno dei soci de «La nuova cooperativa», la cooperativa di produzione che riunisce circa 200 soci, un centinaio dei quali dimessi dagli ospedali psichiatrici. parla dei suoi problemi, della vita cioè che per decenni gli è stata negata: «Ventimila lire al giorno per mangiare. poi c'è l'affitto. Avanzo 50-100 mila lire al mese. Le metto in banca». E' il medesimo uomo che più avanti racconta di essere stato fermato da una signora. una signora per bene. Poi: «Trovare una donna… un po' bella. un po' simpatica». Medita. Nello sguardo abbassato c'è tristezza.
Una coppia seduta su una panchina parla di convivere, dice che forse un giorno sarà possibile. E la telecamera registra come se fosse nascosta. invisibile. Non c'è alcuna esibizione da parte dei protagonisti. Non c'è messa in scena della loro esistenza. Spiega Segre: «Fare questo lavoro è stato un piacere. Sentivo la mia telecamera utilizzata per ribadire un diritto di parola. Ho avuto la libertà di lavorare con serenità e con la fiducia degli operatori di Progetto Muret».
La naturalezza dei suoi «attori», Segre la spiega in questo modo: «Non hanno recepito il filmato in modo passivo, ma da protagonisti. Sapevano di avere le possibilità di affermare la loro presenza nei confronti della città. “Non c'ero una volta…” è il punto di partenza per stabilire un rapporto. Era chiara, insomma. la finalità che si voleva raggiungere». Ci permettiamo di aggiungere che «Non c'era una volta…» è un film che deve essere visto. da più gente possibile.
Dopo il Charlie Chaplin, il film verrà proiettato domani a Chambéry nell'ambito di una «personale» di Daniele Segre. il 15 di novembre sarà «evento speciale» al Festival Cinema Giovani di Torino. La trasmissione di Raitre «Samarcanda». prossimamente ne utilizzerà una parte come spunto per un dibattito sulla legge 180. A dicembre, nell'ambito del progetto Cee. verrà presentato a Parigi e a Berlino.