Il Giornale – Roma eventi

Camera fissa, due sedie, un tavolo e due attrici. Questo è tutto il materiale che utilizza Daniele Segre per il suo ultimo film, applaudito dalla critica all'ultima mostra internazionale del cinema di Venezia dove Vecchie (prodotto dalla Pablo di Gianluca Arcopinto) è stato proiettato nella sezione «Nuovi territori». Ora Vecchie approda al cinema Labirinto (dove resterà in programmazione sino alla fine del mese). Si tratta di un film molto particolare. Una pellicola adatta soprattutto a un pubblico che frequenta le sale teatrali. Un'unica scena, due attrici (Barbara Valmorin e Maria Grazia Grassini), un lungo interminabile dialogo che le accompagna lungo l”arco di una giornata. Le unità aristoteliche (luogo, tempo e azione), insomma, raccolte dallo sguardo fermo della cinepresa. E non è un caso che il soggetto (scritto dallo stesso regista insieme con le due attrici) abbia dato vita anche a uno spettacolo teatrale molto applaudito al Piccolo Eliseo.
La scena si svolge nel soggiorno di una casa presa in affitto in una località marina durante l'estate. Protagoniste due donne, amiche di lunga data, abituate a trascorrere insieme qualche giorno di vacanza lontano dalle rispettive famiglie. Il racconto di Segre si apre con il sofferto risveglio, dovuto ai rumori della strada («ma l'anno passato non era così» mugugna una delle due protagoniste) e dalla tosse. Un risveglio difficile cui segue la lunga e snervante riflessione su come impiegare il tempo della giornata. Lavarsi, vestirsi, uscire. Riti di un tempo che le due donne iniziano a considerare sotto una nuova luce. I primi sintomi di decadenza fisica, la crescente insofferenza nei confronti delle debolezze altrui diventano i chiari richiami a un’età che si fa sempre più vicina, quella vecchiaia che solo a parole le due cercano di esorcizzare, mentre la loro inattività ne conferma la insidiosa presenza. «Vedo certi vecchi meravigliosi. Dritti e asciutti. E io invece sembro un supplì» riflette sconfortata Letizia (interpretata dalla Grassini). I segni del corpo sono una minaccia. E quando si sentono minacciate dal presente le due donne trovano facile rifugio nei ricordi anche se questi spesso sono carichi di dolorose emozioni. Agata, per esempio, ricorda la guerra e l'occupazione nazista e il suo orrore di bambina che a cinque anni viene condotta con tutti ti i suoi compagni di scuola a vedere le esecuzioni dei partigiani. Poi ci sono le rispettive famiglie, i lutti, e le nascite. Senza più l'illusione dei giovani, con un disincanto che toglie ogni alibi al passato, vengono passati ai raggi x i momenti topici come il primo bacio, i primi amori e le tappe di una vita ormai divenuta così lunga e difficile da ricordare. Le due attrici scandagliano bene e con perizia l’universo femminile della terza età senza coprire o tralasciare gli aspetti meno accattivanti della vecchiaia. Per la loro interpretazione hanno ricevuto entrambe il premio della giuria al Festival di Annecy. «Lavorare con degli attori dopo tanto cinema della realtà – ha spiegato il regista – «è stata la molla che mi ha aiutato a immaginare una storia come Vecchie».
Segre, infatti, è da sempre impegnato nel portare sullo schermo alcune delle realtà meno conosciute dall'opinione pubblica, ma altrettanto cariche di significati sociali e culturali. Documentari d’autore che raccontano vite difficili come Dinamite (1994) dedicato ai minatori del Sulcis; come A proposito di sentimenti (1999) dove si racconta la vita di alcuni ragazzi colpiti dalla sindrome di Down; e come Tempo vero (2001), dove sono protagonisti i malati di Alzheimer e le loro famiglie.