Gian Luigi Rondi – Il Tempo

Daniele Segre è un autore molto attento al sociale, tanto da aver dedicato una larga parte della sua carriera allo studio e alla documentazione della realtà del lavoro. Il suo cinema, però, sempre tenendosi al documento, lo ha spesso riletto con vicende umane le cui immagini, per affidare allo schermo, si rifacevano programmaticamente al teatro, riproponendone, anche narrativamente, gli schemi. Tipico, in questo senso, «Manila Paloma Bianca», osservazione dal vivo del disagio di un attore emarginato, e tipico, nelle stesse cifre, il film di oggi che, intenzionalmente, colloca la macchina da presa, quasi sempre immobile, di fronte a una scena fissa, una tavola con due sedie su un fondo neutro, e vi riprende due soli personaggi, due donne anziane che discorrono tra loro (le «Vecchie» del titolo).
Uno spunto statico, ma gli approdi sono dinamici perché quel discorrere tra loro delle due protagoniste – anche se nulla accade attorno ad esse – ci elenca un'infinità di dati, variando di continuo i climi. Primo dato: le due donne, amiche dall'infanzia, sono lì perché, da sempre, sono abituate a passare le vacanze insieme e quella che non si vede di sfondo è una casa presa in affitto per la stagione estiva. Secondo dato: nonostante la lunga amicizia, quella loro consuetudine le annoia, tanto che, incontrandole appena si sono svegliate, le vediamo così incapaci di organizzarsi la giornata che, per tutto il tempo, se ne staranno lì, di fronte a noi, sempre in camicia da notte. Terzo dato, quello che subito conferisce all'azione la sua dinamica: pur amiche, entrambe hanno sempre qualcosa da rimproverarsi reciprocamente così, specie quando, confidandosi, scavano nel loro passato evocando ricordi — sentimentali, passionali, anche erotici, però con tutti, delusioni, malanni — non perdono occasione per aggredirsi verbalmente, rinfacciandosi colpe, abbandoni o, con occhio impietoso, una lunga serie di difetti che ognuna vede nell'altra. All'insegna soprattutto dell’età tarda che avanza (sono ultrasettantenni).
Segre, con immagini nitide e secche in bianco e nero, segue il progressivo mutare del rapporto fra le due donne, passando dai momenti di scontro ad altri più quieti, evocando loro attorno un passato, personale e familiare, che rimpiangono insieme solo perché non c'è più, senza volutamente arrivare a qualche conclusione, ma limitandosi, dopo l'enunciazione di tutte quelle situazioni e di tutti quegli atteggiamenti, a lasciar lì le due donne come, all'inizio, ce le aveva presentate.
Il classico psicodramma, sostenuto splendidamente dalla recitazione di due attrici, Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin, che hanno scritto il testo insieme con il regista e che lo dominano con fisicità impetuosa.