Christian Carmosino e Claudia Vago

Globalizzazione e società neocapitalista, ormai non è più una novità, hanno significato la drastica e generalizzata riduzione della forza lavoro. Il primo settore ad essere investito da questo drammatico cambiamento è quello della produzione industriale.
Sono molte le storie di licenziamenti e lotte da parte dei metalmeccanici per difendere il posto di lavoro, Daniele Segre ce ne racconta una. Asuba de su serbatoiu è la vicenda dei 152 operai della Nuova Scaini di Villacidro (CA) che per più di tre anni hanno combattuto una battaglia drammatica per difendere il proprio futuro. Persone non più giovanissime, con difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro, lavoratori che nell’ultimo anno non hanno percepito alcuno stipendio, se non attraverso rate mensili della loro stessa liquidazione. Da questa situazione è nata l’ennesima estrema protesta, che ha portato alcuni operai a occupare i serbatoi di gas propano rivendicando in modo drammatico il posto di lavoro. Il 26 settembre 2000 tutti gli operai sono stati licenziati.
Il regista piemontese è forse tra i più impegnati nella documentazione dei cambiamenti in atto nel tessuto industriale e sociale italiano. Dal 1976 comincia a realizzare lavori legati ai temi dell’emarginazione e del mondo giovanile, prosegue con un lungo elenco di produzioni a tema sociale, per arrivare a fondare la Scuola video di documentazione sociale. Tra i suoi film e video, realizzati soprattutto per la televisione, possiamo citare: 1991 Tempo di riposo (video); Partitura per volti e voci – Viaggio tra i delegati CGIL (video); 1992 Nord e Sud, ricchezza e povertà in Italia; Manila Paloma Blanca; 1995 Immigrati a Torino (cm video Tv); 1996 Diritto di cittadinanza (mm video); Un solo grido lavoro (mm video); 2000 Protagonisti, i diritti del ’900 (video).
Il film, nella cronaca dei fatti, sottolinea quanto i mezzi di comunicazione abbiano ignorato quelle lotte operaie. Una ulteriore prova che essi in realtà sono asserviti alle necessità del mercato e, quindi, solo le vicende che muovono la cosiddetta “opinione pubblica” sono degni di menzione. Per questo motivo se non fosse per questo film, che peraltro passerà probabilmente inosservato ai più, la vicenda di questi lavoratori resterebbe un fatto “privato” come tanti.
Daniele Segre ci offre uno sguardo distaccato sui fatti. Traspare la partecipazione e il coinvolgimento emotivo del regista solo attraverso la diretta documentazione di un episodio che lo vede personalmente coinvolto, allorquando i dirigenti dell’Agip (proprietaria del venti per cento dell’azienda) gli vietano di riprendere alcuni momenti di riunione all’interno della sede romana dell’azienda. Ne segue un’intervista al presidente della compagnia che dimostra sostanzialmente il suo disinteresse per il futuro degli operai e, conseguentemente, per l’attività di registrazione compiuta dal regista. L’insistenza delle domande di Segre dimostra quanto sia difficile fare un documentario quando sono in gioco interessi così forti. In altre parole, l’autore prende parte e fa sue le rivendicazioni sindacali dei lavoratori, compiendo un’operazione che può essere definita di “resistenza”.
Questo film, se si considera anche la presentazione fatta dai 33 registi, autori di Un altro mondo è possibile sui fatti del G8 di Genova, si pone come conferma dell’esistenza di un modo nuovo di interpretare la funzione del cineasta nella società moderna. Non più semplice documentazione, ma intervento. Quello che una volta veniva definito cinema “militante”, oggi assume una forma rinnovata per dare voce e visibilità ai movimenti di liberazione dell’individuo figli della lotta antiglobal.
Mentre le operazioni collettive che vengono fatte in occasione dei fatti del G8 vengono solo dopo la caduta del governo della sinistra e sull’onda di un movimento di opinione e di un interesse commerciale conseguente, il cinema di Segre è “resistente” da tempi meno sospetti e rivolge la sua attenzione a fatti che sono stati e che continuano ad essere ignorati dai mezzi di comunicazione. Oltre ad aver anticipato l’opera necessaria di documentazione, si è rivolto ad una realtà che è apparentemente marginale e che è uno dei numerosi e localizzati fatti del processo generale di globalizzazione che ci coinvolge tutti.